Finchè sentiremo e pronunceremo quel ritornello: i giovani sono il “futuro” di questo Paese, continueremo a lasciarli fuori.
Nell’idea di futuro si nasconde inconsciamente, ma pervicacemente, un alibi e un rinvio a un tempo diverso.
Altrove non è così: c’è spazio per i giovani.
Hic et nunc.
La crescita, di cui tanto parliamo, non è una precondizione per farli entrare, è la conseguenza del contributo che possono e devono dare per il rilancio dell’Italia. Le risorse del Piano di Resilienza sono il carburante e le riforme la cornice per far sì che il futuro sia qui e ora.
L’investimento è prima di tutto un atto di fiducia, anche quello sul capitale umano.
Con questo spirito, Più Europa ha avanzato ed elaborato proposte sul lavoro in Programma per l’Italia coordinato da Carlo Cottarelli.
Ci sono alcuni principi e obiettivi molto chiari, che si possono sintetizzare in “creare opportunità”, individuando occasioni e disegnando percorsi per entrare stabilmente nel mercato del lavoro da protagonisti.
In un documento che affronta diversi aspetti del mercato del lavoro ci sono cinque iniziative che incidono proprio su regole e forme per i giovani per creare spazio e opportunità.
La condizione necessaria è quella di “crescere” con la consapevolezza che il capitale umano è uno dei pilastri per la crescita, soprattutto quando è portatore di competenze e innovazione.
Il Next Generation EU è l’investimento principale che richiede questi due elementi.
Al i là delle proposte che vedremo, concettualmente vorremmo affermare che il Next Generation non è solo un Piano per i giovani ma sia anche il Piano dei giovani.
Tornando alle 5 proposte, le prime riguardano le porte di accesso al mercato del lavoro.
Altre invece sono orientate al dinamismo del mondo del lavoro, facendo sì che la fluidità sia un elemento che consente di aumentare e allargare gli spazi e le opportunità, anche con uno sguardo a un vero e proprio mercato europeo del lavoro.
Tutto questo si accompagna alla definizione di regole e comportamenti che garantiscano i diritti di chi entra nel mondo del lavoro e Next Generation EU alimenterà quelle riforme e garantirà risorse per crescita e sviluppo su due filoni strategici come l’economia verde e il digitale.
LE 5 PROPOSTE
- Un nuovo “Tirocinio” capace di orientare, formare e inserire
- Un “apprendistato” come forma “prevalente” per il primo impiego
- Il “lavoro europeo” per i lavori dematerializzati
- La “staffetta generazionale”
- Il “buono lavoro” è lavoro buono
5 PROPOSTE DI + EUROPA PER IL LAVORO DEI GIOVANI
UN NUOVO “TIROCINIO” PER ORIENTARE, FORMARE E INSERIRE NEL MONDO DEL LAVORO
Fare un tirocinio, anche più tirocini limitati nel tempo, permette a un giovane di capire se quel lavoro è giusto per lui. Se le competenze sono adeguate. Se l’azienda risponde alle sue attese.
Un buon tirocinio indica all’azienda se un giovane ha caratteristiche personali, competenze e potenziale per un inserimento stabile.
Si tratta quindi di una “lunga prova reciproca” che risponde alle esigenze di entrambi.
Non è un sostituto del lavoro e quindi bisogna evitare abusi o tirocini troppo lunghi. Ci sono stati abusi che devono essere prevenuti con regole chiare e semplici per garantire sia il tirocinante che l’impresa.
Lo stage può dunque essere formativo, orientativo e di inserimento.
È l’anticamera del lavoro.
E quando c’è corrispondenza tra le aspettative di azienda e tirocinante, abbiamo ritenuto giusto incentivare e premiare il passaggio al contratto di lavoro vero e proprio.
Occorre un quadro di riferimento nazionale che superi le differenze dei venti sistemi regionali che definiscono il rimborso mensile e una quantità di adempimenti inutili.
Comunicazioni, convenzione e assicurazione devono essere definiti e registrati in un portale unico nazionale agli organi di controllo e con il fascicolo/profilo del tirocinante.
In questi documenti online devono essere definiti orari, obiettivi generali, attività e risultati raggiunti oltre al profilo del tutor aziendale e dell’ente/agenzia proponente.
A queste indicazioni si aggiungono le indicazioni proposte nel Comitato Cottarelli:
- la possibilità di centralizzare la promozione di tirocini per aziende multilocalizzate;
- uguali condizioni per indennità minima prevista;
- monitoraggio da parte dell’ente promotore del percorso di tirocinio secondo modalità omogenee su tutto il territorio nazionale;
- la possibilità per un ente promotore accreditato in una regione di operare sull’intero territorio nazionale;
- l’espletamento delle procedure per l’attivazione dei tirocini da parte degli enti promotori senza passaggi dai centri per l’impiego ed in forma integralmente digitale;
- omogenizzazione delle modalità di tutoraggio del tirocinio;
- certificazione delle competenze secondo criteri standard nazionali in base allo schema europeo;
- premialità a favore degli enti promotori e delle imprese per la trasformazione dei tirocini (in corso o a 3 mesi dal termine del tirocinio) in contratti di lavoro (determinato, indeterminato, apprendistato).
Le risorse per le premialità in parte sono disponibili accedendo al Fondo Sociale Europeo che aveva finanziato le trasformazioni nel programma Garanzia Giovani, che fu ed è un’iniziativa che necessita di un rilancio dopo una revisione profonda che recepisca anche le indicazioni e le proposte di questo documento e delle tante analisi di esperti, parti sociali e operatori.
APPRENDISTATO PER IL PRIMO IMPIEGO
Proponiamo che l’APPRENDISTATO diventi la principale forma di accesso al lavoro per i giovani. Oggi ci sono diverse tipologie di apprendistato, legate alla preparazione ed all’età del candidato. Le meno conosciute, e su queste si deve investire di più, sono quelle per i profili con titoli di studio superiore o universitario.
È altrettanto importante costruire un apprendistato formativo per i giovanissimi che abbandonano troppo presto la scuola con un’alternanza tra formazione e partica che assomiglia al sistema duale.
Proponiamo che l’apprendistato diventi la forma contrattuale che consente di fare “pratica” in tutti quei contesti dove oggi si utilizzano una miriade di collaborazioni atipiche, poco tutelate e senza contribuzione. Pensiamo che sia il contratto adatto e da adattare al “praticantato”.
Infatti se l’aspetto della formazione pratica è importante per completare il profilo dei giovani, allora questo contratto risponde proprio a quell’esigenza.
Perché l’apprendere non sia solo un paravento per benefici fiscali, bisogna investire su formazione di qualità. In questo possono giocare un ruolo le università e i centri di alta formazione, valutando e certificando, inoltre, le competenze di questa formazione on the job.
I contratti di apprendistato necessitano di:
- Standardizzazione su base nazionale delle procedure di attivazione e conseguente semplificazione legata a superamento contrattazione collettiva,
- Rafforzamento controlli su effettiva implementazione e qualità contenuti formativi,
- Sostituzione forme diverse di praticantato (spesso non tutelate e senza contribuzione) con contratti di apprendistato di livello terziario (in collegamento con le Università/ITS per quanto riguarda la formazione).
L’apprendistato nella proposta costituisce la forma agevolata e incentivata di prima assunzione e la sua ulteriore forza deve consistere nella semplicità e chiarezza delle norme con attenzione ai temi della sicurezza e della crescita professionale.
L’affiancamento con un tutor in staffetta generazionale è la condizione ottimale per costruire un buon inserimento lavorativo.
IL LAVORO EUROPEO
Tanti giovani cercano, e spesso trovano, la loro collocazione professionale fuori dall’Italia. Il ritmo pre-pandemia era di 25mila ogni anno. Molti sono “tornati” in Italia per periodi più o meno lunghi in questi due anni, continuando a lavorare da remoto.
La possibilità di slegare il lavoro dal luogo ha stimolato la proposta di introdurre un contratto di lavoro “europeo” per quelle attività che non richiedono una presenza fisica costante in azienda. Per cui potremmo lavorare a Milano per un’azienda basata a Dublino. I voli low cost consentono poi di assicurare la mobilità necessaria per la presenza fisica quelle volte che l’azienda lo richiede.
La nuova forma di lavoro può prevedere il mantenimento per l’impresa del regime fiscale del paese di appartenenza e, contemporaneamente, l’applicazione al lavoratore italiano della normativa fiscale e contributiva italiana.
Si apre così uno scenario nuovo del mercato del lavoro che consente a cittadini italiani, che desiderano lavorare nel contesto europeo, di partecipare al mercato del lavoro comunitario senza necessariamente trasferirsi in un altro paese, se non per le trasferte in presenza definite contrattualmente. La prestazione lavorativa potrà essere realizzata in regime di lavoro da remoto e in presenza.
Le eventuali controversie saranno di competenza di un Organo di conciliazione europeo.
Questa proposta, in prospettiva, crea un mercato del lavoro comunitario, estendendo al mercato del lavoro UE il principio del “mutuo riconoscimento” già applicato al mercato unico dei beni.
Benefici
In alcuni casi, questa forma contrattuale potrà consentire il rientro di lavoratori in Italia, in altri aprirà opportunità provenienti da aziende che sono presenti in altri paesi comunitari.
Aumenta le possibilità di accedere a opportunità di lavoro
Crea entrate sia contributive, fiscali sia dirette che indotte (dal momento che i lavoratori rimangono in Italia).
Per evitare un dumping salariale si prevede che gli importi delle remunerazioni dei contratti di lavoro siano liberi ma si esclude la possibilità di offrire contratti che si collocano nel quartile più basso della curva di distribuzione dei contratti in essere.
In questi contratti si prevede un’assicurazione che tutela i lavoratori nei periodi di inattività con un sussidio decrescente e percorsi di formazione obbligatori.
Questa opportunità si estende anche al lavoro autonomo intermediato dalle piattaforme di intermediazione.
La proposta prevede la creazione di una “Zona Economica Speciale Virtuale” (ZESV) dedicata a questi rapporti di lavoro a distanza in un mercato del lavoro digitale europeo con regole analoghe a quelle per il lavoro dipendente.
Si applica su base volontaria (sia per lavoratore che aziende/piattaforme) e per il lavoro a distanza.
LA STAFFETTA GENERAZIONALE
Quota 100 non ha creato spazi per i giovani. La bufala che il prepensionamento avrebbe consentito l’ingresso di centinaia di migliaia di giovani non si è avverata. Le aziende hanno bisogno di profili nuovi e i giovani sono portatori di competenze, innovazione, motivazioni spesso molto diverse da chi va in pensione.
Pensare che ci fosse un automatismo di sostituzione è stato un errore grossolano dei padrini della quota 100.
Una delle criticità dell’inserimento di nuove risorse in un’organizzazione è quello dell’affiancamento, della conoscenza dei processi, del costruire relazioni nell’ambiente di lavoro e nei rapporti con clienti e fornitori.
In questo nodo delicato si può giocare l’incontro esperienza e potenziale con la cosiddetta “staffetta generazionale” che consente di costruire una via di accesso e di inserimento. Non si tratta di un passaggio di consegne ma di un percorso di inserimento graduale e progressivo.
Esperienze di questa iniziativa sono state molte. La proposta vuole prendere spunto da quelle che hanno mostrato efficacia sia per l’impresa che per i giovani neoassunti. Nelle migliori pratiche si è registrato anche un alto grado di soddisfazione dei “senior” che hanno svolto questo ruolo di “tutor” di inserimento.
È importante costruire proposte capaci di rispondere all’esigenza di imprese e lavoratori per far sì che la fase di conoscenza reciproca sia efficace e che le competenze siano finalizzate ed efficaci nel contesto di lavoro. Su questo le persone con esperienza possono giocare un ruolo molto importante, quando comprendono il valore dell’iniziativa e la assumono come un vero e proprio compito professionale.
Non è una proposta per tutti e che può valere in ogni contesto.
Si deve immaginare che questo “servizio” sia anche incentivato e favorito con la facoltà di accedere e associarlo a servizi formativi e di consulenza organizzativa in modo da renderlo efficace e adeguato all’impresa.
I vantaggi sono evidenti. Un migliore successo nell’inserimento di nuove risorse, la valorizzazione e disseminazione delle esperienze del personale senior, la contestualizzazione e finalizzazione delle competenze attraverso la mediazione del tutor di inserimento.
IL “BUONO LAVORO” È LAVORO BUONO
Ci sono tanti lavori che non possono rientrare nel lavoro dipendente o in quello autonomo. Il voucher rispondeva bene alle esigenze di persone e organizzazioni. È sopravvissuto solo per piccoli lavori di natura sociale e familiare. Eppure il voucher potrebbe avere una grande utilità in molti altri contesti e settori.
Sosteniamo con forza e convinzione la necessità di dare una forma regolare a quei lavori saltuari, estemporanei e occasionali definendo regole, diritti e procedure che evitino abusi e sfruttamento. Le tecnologie possono aiutare molto su questo fronte.
Questo Lavoro Estemporaneo risponde a esigenze di prestazione che non hanno continuità e che, per la loro natura, rispondono alle esigenze convergenti dei lavoratori e dei committenti. In questa forma di lavoro non esiste alcuna programmazione e coordinamento da parte dei committenti.
Quali meccanismo possono essere introdotti per garantire diritti e persino sicurezza e previdenza?
È prevista una contribuzione previdenziale e assicurativa automatica e fissa, inserita nel costo del Buono Lavoro (Voucher), acquistato dal committente.
Gli strumenti tecnici per impostare un modello di acquisto online del Buono Lavoro, segnalazione, controllo di queste forme di accordo lavorativo sono messe in campo dall’Inps e visibili agli altri organi di verifica e controllo, scongiurando forme di abuso sia della logica dell’estemporaneità sia della potenziale copertura di forme di lavoro irregolare o di diversa natura.
L’orario di prestazione, attraverso l’applicazione online, va sempre registrato almeno un’ora prima dell’utilizzo anche per ulteriori voucher nella medesima giornata, evitando comportamenti fraudolenti in caso di ispezioni.
È comunque una forma limitata nel tempo e nell’ammontare annuo dei compensi per i cittadini e delle commesse per i datori con precisi limiti di utilizzo.
Per il lavoratore
Le attività lavorative, se svolte a favore di più beneficiari, non possono dare origini a compensi superiori a 7000 euro lordi annui. Fino a questo limite la persona può mantenere lo stato di disoccupazione. Eventuali sussidi subiscono una perequazione dai 5000 euro annui.
Per il committente
Per ciascun committente, impresa o Ente pubblico, il limite di utilizzo è di un massimo di 3.000 euro lordi per ciascun prestatore e con la possibilità di incaricare un numero di prestatori massimo pari a quanto stabilito per la normativa dei tirocini.
Per associazioni, enti no profit, famiglie e cittadini il ricorso a prestatori a spot è consentito per un massimo di 5000 euro lordi all’anno per ciascun prestatore.
I benefici sono molti. Dall’aumento del gettito contributivo che consente di accantonare delle risorse pensionistiche, alla creazione di un’opportunità di reddito, alla emersione di situazioni diversamente risolte con attività irregolari, un sostegno concreto e attivo a persone che non riescono ad avere continuità lavorativa.
La proposta utilizza strumenti innovativi che consentono un utilizzo lineare, semplice e trasparente.
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