ANCHE IO SONO STRANIERO

“anche io sono Giusto”

 

“Sono cosa? Sono chi?
Sono nera e italiana.
Ma sono anche somala e nera.
Allora sono afroitaliana? Italoafricana? Seconda generazione?
Incerta generazione? Meel Kale? Un fastidio? Negra saracena? Sporca negra?
Non è politicamente corretto chiamarla così, mormora qualcuno dalla regia. Allora come mi chiameresti tu?
Ok ho capito, tu diresti di colore. Politicamente corretto, tu dici? Io dico insignificante.  Quale colore di grazia?
Nero? O piuttosto marroncino? Cannella o cioccolato? Caffè? Orzo in tazza piccola?
Sono un crocevia, mi sa. Un ponte, un’equilibrista, una che è sempre in bilico e non lo è mai. Alla fine sono solo la mia storia”
 di Igiaba Scego, La mia casa è dove sono

 

Qualche giorno fa a Como, davanti a un oratorio di periferia, un lenzuolo recitava con lettere gotiche “Don inGiusto si occupi di chiesa e non di politica!!!”

E don Giusto è uno di quei preti di poche parole, che ha ben chiaro che il Vangelo è un messaggio rivoluzionario se lo pratichi più che se lo predichi. Un messaggio che ha attraversato il mare Mediterraneo, ricordiamolo. E san Pietro non ha certo fatto una bella fine, arrivando a Roma duemila anni fa. E di paralleli ce ne sarebbero tanti da fare… compreso il fatto che la religione, quella cristiana e tante altre, sono “politica”.

Così ci siamo trovati l’altro ieri sera proprio lì dove gli ennesimi ignoranti di Forza Nuova avevano piazzato il vessillo della loro stupidità. Che fare?

E in mezzo a tanti marxisti, comunisti e sinistri comaschi la frase era un omaggio oltre che una necessità organizzativa. Che fare?

Pare che la manifestazione, la piazza, il corteo siano le prime scelte. Io non me ne intendo molto ma il calendario di queste settimane pare pieno di date occupate, prenotate da manifestazioni. Non è un bene certo ma i tempi sono questi e la piazza è un modo per fare politica da sempre per incontrarsi, misurarsi, contarsi. Con una conta dove la matematica non c’entra.

C’è forse la preoccupazione del numero o di non riuscire a cambiare veramente le cose visto che l’aria che tira la percepiamo bene tutti.

Ci siamo detti in un profluvio di parole, come solo la buona sinistra riesce a infoltire e inspessire quando già l’aria è pesante, ci siamo detti che bisogna trovare un modo di coinvolgere. Ciascuna organizzazione nazionale deve essere allertata, attivata e i pullman (?) devono arrivare sulle sponde del lago. Un po’ come era già accaduto un anno fa dopo l’incursione di quel gruppo di teste vuote mezze rasate alla riunione di Como Senza Frontiere.

Ma i cattolici? Non sono contro, anzi tutt’altro  ma c’è una difficoltà di comunicazione, di linguaggio, di appartenenza. I cattolici ci saranno anche se ora sono muti e non presenti. Acli e Caritas ospitano molti richiedenti asilo e non possono non esserci. Forse almeno le Acli…

Ma non è neppure solo una questione di richiedenti asilo. Ci sono anche quei molti richiedenti la cui domanda è stata respinta. Che fine faranno nel freddo dell’inverno?

Poi ci sono gli immigrati in genere. Poi ci siamo noi. Noi chi?

Noi italiani, comaschi, dico io. E perché non siamo anche noi stranieri? Non è forse vero che ogni mattina ventiseimila comaschi attraversano un confine extracomunitario e diventano immediatamente stranieri. Privilegiati. Ricchi. Comodamente stranieri, ben pagati ma visti con quello spirito di diffidenza che poi diventa avversione e che cresce in questi tempi anche contro di loro. E non lo ricordiamo il referendum di qualche mese fa e i cartelloni che ci raffiguravano come topi? Ma allora anche i primi possono diventare secondi e retrocedere fino a diventare ultimi. (chi l’aveva detta questa frase?)

E non potrebbe accadere tra qualche tempo che arrivi qualche cinese che si compra il nostro debito pubblico e domani viene qui con la pretesa di volerci comandare?

Anche i lombardi possono diventare stranieri e non sempre tutto va bene.

Tre giorni fa ho sentito questa mia utente ex frontaliera che ha perso il lavoro due anni fa. Non è facile per lei. Da uno stipendio invidiabile alla necessità di reinventarsi e non è un caso isolato (quest’anno ne ho visti un bel po’). Perché se deve saltare qualcuno… perché “prima gli svizzeri”… perché “ogni nord sta a sud di qualcun altro”. Anche qui a Como.

Gli immigrati integrati, regolari in Italia sono cinque milioni. Perché non coinvolgerli? Dove sono? Chiedeva il rappresentante di Cisl, nerissimo con una bella parlata sciolta.

E allora l’iniziativa sarà nazionale – dice uno – anzi internazionale, rilancia un altro, in pratica transfrontaliera, dico io. Dovrebbe essere l’occasione per raccontare storie di chi si è integrato. Storie di viaggio e abusi. Storie anche di gente comune così come di persone straordinarie come don Giusto. E se questi sono gli obiettivi, il come fare non è poi così scontato e semplice se a detta di tutti anche organizzazioni come Arci e Cgil vedono crescere tra i loro iscritti un certo numero di persone che pensano che “prima vengono gli italiani”. I segnali ci sono tutti.

 

Il 9 dicembre accadrà certo qualcosa ma non so se riusciremo davvero a cambiare qualcosa, anche semplicemente dentro di noi.

Luca Monti

Como, 29 settembre 2018

Ho ripescato questo racconto del 1999, dove dicevo chiaro “io sono razzista” e forse ciascuno di noi, in fondo in fondo, lo è.

DIALOGO CON IL SILENZIO a4

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