Si parla, spesso a sproposito, di democrazia digitale, fuorviati da una retorica grullina che qualche anno fa suscitò curiosità prima e preoccupazione poi. Su una piattaforma si votava se aderire a un governo, se votare un presidente della repubblica e via… salvo poi invalidare il voto se, come candidato, avesse vinto la persona invisa ai guru pentastellati. Il velo cadde per la scelta della candidata a sindaco di Genova.
Come si fa, invece, a fare del digitale uno strumento per la politica? Il digitale è uno strumento necessario per la “partecipazione” e consente a un partito di crescere. Domanda: +Europa vuole crescere?
Se sì, e non è scontato, si può partire da qualche elemento concreto: piace ai giovani.
Come si può trovare il modo di coinvolgerli e non solo beneficiare del loro voto grazie a un nome molto evocativo per loro e a qualche iniziativa sacrosanta su temi che a loro stanno a cuore?
La sfida è passare dalla comunicazione efficace verso di loro a una vera “comunicazione”: come unirli in comunità con noi.
E, anche, come fare di noi – attivisti – una vera comunità politica, anche grazie al digitale.
Non è certo una sfida che si risolve in una corsa congressuale e in un dibattito tra delegati, in qualche modo schierati per una classe dirigente di Tizio e Caio. Eppure, il Congresso è un momento di confronto e di proposta.
Dovremo per la terza volta stare ad ascoltare la retorica sbiadita di sempre che dice che questo ha fatto quello e l’altro potrebbe fare di meglio o di più. Ma come si fa a far crescere un partito da triciclo a strumento per cambiare la politica sterile di questi primi vent’anni del secolo digitale?
Come si fa a segnare una direzione nuova? Chi lo può fare ed è interessato a farlo veramente e non come “adempimento sulla carta”? Come far decollare i gruppi territoriali e i tavoli tematici davvero? Come rendere l’ultimo degli iscritti un protagonista che partecipa e vede il risultato della sua “partecipazione”?
Da qui l’idea di usare il veicolo di +Europa, partendo da questo Congresso, per trasformare il partito in un partito smart, che usa la tecnologia:
– per costruire le proposte,
– per far crescere la propria organizzazione sulla base del merito di chi propone e agisce,
– per far partecipare attivamente chi vota e trasformarlo in attivista e farlo crescere nel partito.
Vedo già il sorrisetto sarcastico di quelli che la sanno lunga. Una pacca sulla spalla in campagna congressuale non si nega a nessuno. Vabbè, bella idea. Ne riparliamo dopo.
Invece no. Ne parliamo. La facciamo. La vogliamo nello Statuto.
A chi è scettico dico, non guardate al dito senza vedere la luna. La tecnologia permea tutte le nostre attività. Nella pandemia abbiamo scoperto molte applicazioni per il nostro quotidiano ma ce ne sono altre, che non conosciamo, disponibili e facili da usare, per fare di molto più. E abbiamo la fortuna, che altri non hanno, di avere – tra i nostri iscritti – tante persone giuste per fare nostra questa ambizione: diventare un partito veramente innovativo e nuovo.
Certo ci sono i contenuti e i valori. Certo al centro ci sono sempre le persone. Chi ha mai detto il contrario?
La tecnologia abilita l’uomo da sempre.
Leave a Reply
Devi essere connesso per inviare un commento.