"Il nuovo diventa vecchio, il futuro si sposta sempre un passo davanti a noi. Come sarebbe bello fare un salto e superarlo, anche solo per un istante."
Per partire, in questo viaggio, che vorremmo fare insieme, è necessario definire chi siamo, dove siamo e dove vogliamo andare. Probabilmente il dove vogliamo andare definisce anche il chi siamo, quantomeno le ragioni del nostro stare insieme.
Lo scenario
L’Italia viene da una lunga crisi economica che, come tutte le crisi, ha generato e genera cambiamenti sociali, economici e anche politici.
Nello scenario c’è chi cerca di vestire i panni rassicuranti di un passato dove le cose andavano meglio e chi dice che tutto è cambiato e quindi bisogna rivoluzionare le cose, cavalcando il malessere per rompere i meccanismi e porsi come soluzione nuova.
Ci sono due figure che incarnano emblematicamente questo “nuovo”.
Uno ha giocato la carta del compromesso col vecchio per arrivare velocemente al potere (la velocità è un tratto del nuovo). Ha cercato – sta cercando – la trasformazione del corpo vecchio in uno ringiovanito, sostituendone la testa.
L’altro ha fatto una scelta più radicale, entrando nel gioco come totalmente nuovo, fedele al suo ruolo di rottura… È – come lo chiamerebbe Baricco – un “selvaggio di genio”. Ha rischiato la carta di un corpo fragile, inesperto, con un linguaggio diverso, ironico, virtuale, apocalittico. Molto bravo nel rompere, molto meno nel costruire. In un’epoca di cambiamento, servono però entrambe le parti. Se ne è accorto e ci sta lavorando.
Ciascuno di questi ha avuto e sta perpetrando la sua strategia. Sono bravi.
Forse quello che ha accettato il compromesso per ambizione, calcolo e necessità è già – oggi – nella fase di apparire “non più nuovo” ma è molto capace nella tattica e nel rigenerarsi.
L’altro si sta ponendo il problema di come tradurre il suo consenso in forza concreta che assecondi e governi il cambiamento.
Il nuovo e il futuro
A questa categoria del nuovo, propongo un’alternativa. Non il vecchio, degnamente rappresentato da destra, sinistra e – più ancora – centro ma il “futuro” cioè la necessità di condividere idee di cambiamento della società che abbiano un respiro lungo, capace di comunicare la prospettiva e comprendere i fenomeni sociali in atto. Propone l’idea del processo, cioè del “procedere” dando senso alle proposte attraverso una prospettiva.
È normale vivere dieci anni di un nuovo secolo ancora legati ai paradigmi del precedente. Siamo nella seconda decade. Serve, ora e specialmente ora, sviluppare una capacità di lettura del presente per arrivare a una narrazione del futuro per il 21° secolo.
Abbiamo abbandonato l’idea di “progresso”, che per più di un secolo ci aveva accompagnato, per confinarla nella scienza e nella tecnica (che però hanno una grande importanza). Con cosa sostituiamo quell’idea confortante che domani sarà meglio di oggi?
Il fenomeno sociale evidente di questi anni è che le persone sono più presenti, partecipi. Vogliono esserlo anche solo superficialmente. In questo momento si trovano immerse in un’euforia di comunicazione immediata dove la verità non è il tratto più importante ma lo è la “presenza”. Sono connesso, informato, presente e posso esprimere la mia “presenza” verso altri. Sono qui, do you like? Dico questo… do you like? Con un’enorme necessità di semplificazione e una conseguente frammentazione.
Viviamo in una realtà che vive prevalentemente, se non esclusivamente, il presente in un moto immobile e perpetuo perché non ha un’idea e una proiezione verso il futuro. Non perché non la cerchi e la desideri.
Scrivo queste analisi per fare il punto tra “nuovo” e “futuro” ritenendo che anche il futuro è un nuovo ma che ha la necessità di rinnovarsi continuamente, essere costantemente presente, comunicare, esistere in quanto nel suo nucleo condivide idee forti rispetto ad alcuni principi che è necessario condividere nello spazio aperto del dialogo mediato o diretto con le persone.
Identità e comunicazione
Come dire: in questo moto perpetuo di superficie è necessario avere un riferimento – un legame – di profondità, un sentire e un disegno comune che dia una geografia e una direzione a questa “presenza” politica capace di indicare ed esprimere punti di arrivo. La scuola di domani, il lavoro del futuro, nuovi diritti di cittadinanza…
Il primo passo è certo quello di costruire questo nocciolo identitario di certezze che orienti poi l’azione e la comunicazione. Come dire: è necessaria una riflessione capace di produrre senso, significato, appartenenza per arrivare al consenso.
Deve contenere un tratto che riguarda le generazioni, le fragilità, l’equilibrio tra equità e libertà, tra merito e aiuto e definisca il nostro perimetro ideale con un linguaggio che ci consenta di essere capiti e di comprendere “nel senso di far partecipare” sempre più le persone, che condividono le nostre idee, nel farle crescere attraverso uno scambio reciproco.
I need you. Do you like?
Luca Monti
Agosto 2016
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