Dichiarare che il lavoro è un “diritto” ha portato le persone in uno stato di confusione rispetto alla realtà che vivono. Il lavoro non è un diritto, perché lo Stato non è in grado di mantenere questa promessa, perché il lavoro nasce principalmente nelle imprese. Lo Stato non deve fare promesse ma creare premesse.
Il lavoro deve essere un’opportunità alla quale tutti possono accedere con le maggiori e nelle migliori condizioni.
Poco più di una persona su due in Italia lavora e di queste una su tre è imprenditore o libero professionista. Bisogna dare alla parola “lavoro” il giusto significato.
Dobbiamo lavorare meglio per lavorare meno e tutti.
1 ruolo dello Stato
Lo Stato crea e stimola condizioni sociali ed economiche che favoriscono la nascita e lo sviluppo di opportunità di lavoro.
Definisce il quadro delle regole che disciplinano il lavoro.
Promuove e finanzia le politiche attive del lavoro con risorse proprie e comunitarie e sviluppa servizi per il lavoro in stretta sinergia con operatori pubblici, privati e del privato sociale.
Un lavoratore su tre è imprenditore o libero professionista, pertanto lo Stato promuove l’imprenditorialità e il lavoro autonomo, semplificando adempimenti e fiscalità e individuando regole che stimolino il credito d’impresa ai giovani.
- governare il cambiamento
L’evoluzione veloce del lavoro è un fenomeno legato a innovazione e globalizzazione: la politica deve interrogarsi su politiche, strategie, investimenti, tutele e regole più efficaci per accompagnare i cambiamenti del mondo del lavoro verso maggiori e migliori condizioni di lavoro per i cittadini. Senza queste politiche per il lavoro i cittadini si sentono soffocare da ciò che sta accadendo. Altri Paesi si stanno interrogando e altri già operano per cogliere le opportunità di questi nuovi scenari.
- politiche per il lavoro
La nostra proposta individua come leve strategiche: lo sviluppo dei talenti attraverso educazione e formazione continua, la promozione dell’imprenditività, la flessibilità attiva, la centralità di competenze e capacitazione (capabilities), la promozione del merito.
La finalità generale è la traduzione del lavoro in professione (attività attraverso cui il cittadino si esprime e realizza).
Il lavoro avrà sempre più contenuti, relazioni e responsabilità.
Le persone dovranno quindi essere messe in condizione di accedere paritariamente e liberamente ad attività economiche e sociali che consentano loro di esprimere le proprie attitudini, aspirazioni, competenze.
Il lavoro sarà sempre meno materiale e ripetitivo, sempre più relazionale e sociale.
Questo cambiamento richiederà un riorientamento del rapporto tra i tempi di lavoro e quelli di vita, tra le aspirazioni e le aspettative che si riferiscono al lavoro e quelle extralavorative, una migliore e maggiore opportunità per le donne.
Lo slogan – quindi – potrebbe essere “lavorare meglio per lavorare meno e tutti”.
E il nuovo modo di lavorare, i nuovi rapporti rispetto ai tempi di lavoro e di vita, i nuovi luoghi del lavoro favoriscono anche un attivismo sociale: dal reddito di cittadinanza alla cittadinanza che genera reddito privato e sociale (il nuovo welfare).
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