La sudditanza a uno schema perdente
Il sedicesimo piano del grattacelo Pirelli non mi ha dato le vertigini. Ci siamo arrivati per chiudere un ragionamento che in realtà era già inutile. Che non c’è mai stato.
Più si cercava di capire e proporre, più si vedevano appesantirsi gli sguardi di chi era lì. Anche dallo schermo – zoom – non sono arrivati sussulti.
Ormai lo schema si è consolidato: siamo di centrosinistra. Un colpo lo danno, e volentieri, gli ex amici con le loro forzature e l’altro sta nel consolidato atteggiamento remissivo governato dalla logica, dalla razionalità, dal perbenismo di stare con i meno peggio. I Dem. Quelli che ci regalano i seggi sicuri. Quanti? solo 2 ma non è colpa loro, perché gli altri sono stati resi perdenti dai nostri ex amici (il club degli EX di tutto).
Eppure una ridotta schiera DEM siede al suo “posto sicuro” appollaiata nell’opposizione trina del parlamento.
C’è un debito di riconoscenza o un patto di perseveranza, tra noi e il PD, che garantisce uno strapuntino minimo e sempre? Altrimenti non si spiega.
Eppure io invece vedo un enorme credito da donatori di sangue in due elezioni dove abbiamo regalato i nostri voti per l’elezione, con una legge fatta e valuta dal PD, per almeno due decine di parlamentari DEM. Dieci questa volta, più di dieci la volta scorsa.
È un credito non da poco a fronte di 5 o 6 seggi nelle due legislature. Eppure noi aspettiamo che il creditore apra un altro credito nell’ennesima elezione.
Allora, non sommessamente, ho rispolverato l’idea ventilata di essere noi, il coordinamento inesistente, a proporre un candidato difficile da rifiutare: il segretario del partito fedele e perseverante. In uno scenario difficile, contrastato e sicuramente perdente.
Eppure gli occhi si sono ancor di più spenti, perché è un’operazione da principi, e non da scudieri, prendere posto in prima linea… alla guida, seppure o forse perché la sfida è disperata.
C’era il timore di sentirsi dire di no. Era tardi, ma ne parlavamo da tre giorni. Non c’è stata occasione. Ma l’occasione si crea. C’era un problema di forma… ma più importante non è la sostanza?
Nelle condizioni date, ci accontentiamo di lasciare fuori i 5Stelle. Una condizione decisiva e definitiva.
Mi chiedo: e se domani i 5Stelle dovessero mostrare gradimento per Maiorino? E viceversa.
In Regione i 5 Stelle non hanno votato fiducia o sfiducia a Draghi. Maiorino e il PD sanno fare i conti per non arrivare terzi. Poi sarebbe un bel segnale per il futuro, che conta per Conte e per il PD ma che si può anche sconfessare. Cose locali…
Tornando a noi…
Quando l’ultimo peón dei Dem dovesse chiedere: e quelli di +Europa?
Quello furbo, sgamato e scafato, risponderà: Ma quelli seguono, cosa vuoi che facciano? Che vadano dalla Moratti? Che corrano da soli?
Eppure avevamo qualche carta in mano. Potevamo segnare il terreno. Battere un colpo.
In un certo senso, il popolo ha una sensibilità involontaria e innata. C’è nel nostro ben pensare, nella nostra logica, nella nostra correttezza e affidabilità qualcosa che non convince e, soprattutto, che non interessa.
Non vinciamo perché non avvinciamo.
Legare a sé richiede separare. Legare a sé è cosa di sentimento, non di ragionamento.
Votare è cosa di organi che non comprendono il cervello.
So che poi viene fuori la nostra anima, quella politica, della trattativa e delle telefonate fiume. Ma anche lì siamo pusillanimi.
I voti sono una moneta che si può nascondere sotto la terra o investire.
Nella parabola dei talenti, che mi ha sempre affascinato per il suo messaggio terribile, quello che nascose il talento – e ne aveva uno solo – non finì bene.
Vi lascio con la bella immagine di Ligabue: occhi di tigre e fauci spalancate.
I gattini su Facebook fanno qualche like ma non passano alla storia.
Luca Monti
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