IL PARADOSSO DELLA SCUOLA

 

Il paradosso dei paradossi è come il colmo dei colmi. Il dialogo per risolvere i problemi nella scuola, evidenziati dalla pandemia, si interrompe sulla valutazione. Ossia…

Sull’investitura feudale che, nella scuola, distingue l’insegnante di ruolo dal precario. E c’è chi è precario da vent’anni in barba alle norme del diritto del lavoro, delle sentenze delle corti italiane ed europee.

Il sole è sorto anche questa mattina di maggio e sento che la natura si è risvegliata come sempre nel suo equilibrio perfetto. Gli equilibri umani non sempre si trovano. Qualche volta per fortuna.

Perché questa della valutazione non è un’emergenza. È uno dei nodi chiave della scuola che l’emergenza ha messo in mostra. E non servono 30.000 nuovi insegnanti, che già insegnano ed hanno insegnato e insegneranno. Questi insegnanti potrebbero fregiarsi finalmente del contratto a tempo indeterminato. È giusto. Se è giusto, qual è il problema?

E qui torna il paradosso ma anche la proposta. Questa parentesi eccezionale della scuola a distanza, delle scuole chiuse, dei bambini e ragazzi confinati nelle loro case, prima con i genitori e ora soli perché i genitori lavorano ci mostra, che la scuola è un’istituzione importante di cui bisogna occuparsi.

Non in emergenza. Non in una riunione affrettata. Non con una scadenza pressante per metter lì un certo numero di milioni di euro del decreto o dell’emendamento al decreto.

Perché è troppo evidente che è tutto un gioco di potere. Un tira e molla dimostrativo. I partiti e i sindacati hanno già giocato mille volte questa partita.

Valgono di più i titoli di studio o le crocette del quiz? Il concorso?

Giù tutti a ridere. Siamo su scherzi a parte! La scuola cade ancora sul paradosso della soluzione quantitativa. Forse perché è scuola di massa. Forse perché è un’organizzazione elefantiaca che conta più di un milione di dipendenti.

Sì, avete letto bene. Più di un milione. Proprio così.

Dopo quello che abbiamo visto nelle nostre case, noi che abbiamo figli in età da scuola, che cosa dobbiamo pensare? Che cosa potremmo dire?

Che cosa potrei dire e pensare, visto che ho due figli e una compagna precaria da vent’anni.

Lei mi ha detto, dopo l’ennesimo collegio docenti: ma io di ruolo non voglio diventare.

E allora si staglia davanti, come un Moloch, il paradosso.

E non lo dice per spocchia, perché è un lavoro che ama, che adora, che fa con una passione che trascende… che supera queste forme. Forse queste forme stanno imprigionando cose ben più importanti senza riuscire a rappresentarle.

La scuola è un’istituzione eccezionale. Dobbiamo scoprirla e anche riscriverla con le lenti di questa stagione che ha mostrato resilienza così come negligenza e abbandono.

Non può essere ancora ostaggio dei compromessi al margine di riunioni.

Perché la proposta, l’uovo di Colombo, nella vicenda c’è ed è percorribile una strada alternativa, che dovrebbe diventare la strada che supera il concorso.

Si chiama “bilancio e certificazione di competenze”.

Basta confermare i contratti per il prossimo anno e affiancare al docente un tutor che durante l’anno aiuti il docente a ricostruire un proprio dossier e al termine del prossimo anno scolastico questo dossier sia valutato da una commissione indipendente.

Che spreco di risorse? Davvero. Io lo chiamo investimento. Perché un incarico a tempo indeterminato è una cosa seria in una posizione strategica come quella dell’insegnante.

È un servizio di valutazione che richiede tempo, affiancamento, personalizzazione. E non mancano organi terzi per la valutazione: Indire e Inapp.

Diamo un senso anche a queste agenzie che dovrebbero occuparsi per il Ministero di metodi e strumenti innovativi sulle competenze, sulla loro misurazione e certificazione.

Non sono personaggi di una saga che ci siamo persi su Netflix, perché c’era poca banda. Sono agenzie pubbliche, pagate con tanti soldi pubblici. Forse bisognerebbe darne loro di più ma chiedere questo risultato. Una buona valutazione per la scuola.

Ma non finisce qui.

Il Bilancio serve per valutare ma anche per formare, per promuovere, per organizzare… e non è l’unico strumento. In tempi di risorse scarse, le idee e i metodi acquisiscono valore, danno valore, aumentano valore. Non guardiamo al dito (i trentamila) dimenticando la luna (un milione)

Che dire della formazione!?

Altro paradosso. Formo ma non mi formo.

Quel milione di operatori della scuola ha bisogno di attenzione per essere valorizzato.

Ben vengano le fumate nere, quando sul tavolo non ci sono le giuste soluzioni.

Niente fretta nelle cose serie.

 

 

Luca Monti

coordinatore Laboratori Civici

 

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