Dal Next Generation all’Agenda per un’Italia Europea 2030
Il piano di ripresa del Next Generatin EU è solo il primo capitolo di un programma – l’Agenda – che trasformi la nostra nazione in una protagonista attiva nello scenario economico e sociale europeo, resiliente rispetto alle sfide/opportunità di globalizzazione, innovazione digitale e new normal.
30/1/21 di Luca Monti
Forse l’atto stesso di decidere a chi dare un voto ci costringe all’esigenza di semplificare. Il manicheismo in sintesi è questo: bianco o nero; zero o uno. Una semplificazione necessaria di fronte a due proposte perfettamente antitetiche. Ma questo funziona solo quando viene adottato nelle situazioni atomiche dei problemi elementari o in una società primitiva come quella di Caino e Abele.
La società, in cui viviamo, non è fatta così, anzi il suo fenomeno costante è quello dell’articolazione e della complessità crescente. Nel Novecento, con grandi movimenti di massa e il voto universale, le ideologie hanno compresso la scelta all’interno di visioni totalizzanti della società, accodandole dietro principi primi. Erano quelli della rivoluzione francese. Buoni. Ottimi. Su uno si poteva costruire un mondo.
Nella seconda metà di quel secolo, ogni parte politica si è intestata una parola di quella triade per svilupparla. Una semplificazione che poi si articolava nelle ricette delle ideologie di destra, sinistra e centro (libertè, egalitè, fraternitè).
La complessità ha corroso e messo in crisi quel modello ed ora esige una nuova e inedita capacità politica di rispondere alle esigenze della società, costruendo nuove visioni di mondo con paradigmi diversi. I principi non perdono di valore. Hanno bisogno di una narrazione e di una composizione che si colleghi con la realtà dei problemi e delle soluzioni. È come se si passasse dagli atomi alle molecole.
Luciano Floridi, filosofo di Oxford di recente trasferitosi all’Università di Bologna e presidente di Base Italia, ha dedicato a queste trasformazioni e passaggi il proprio lavoro di analisi degli ultimi anni.
L’analisi non basta, è una base appunto, su cui agire per costruire una nuova ideologia. E in questo, metodologicamente, ci viene incontro un altro intellettuale che ha colto come la rivoluzione sociale, economica e forse politica, portata dalla generazione di pionieri della Silicon Valley, nasca dall’inversione tra i fattori sociali. Alessandro Baricco legge nella Quarta Rivoluzione il rovesciamento della prospettiva: gli oggetti (le tecnologie) cambiano le idee, i comportamenti e i valori delle persone.
Come dire: le politiche fanno la politica. L’inverso di ciò è stato nell’epoca delle ideologie aprioristiche. In questo scenario sono le scelte a costruire la visione. Il disegno non è più lineare, è geometrico e spesso circolare. Un esempio (perché dal particolare si costruisce il generale) lo possiamo vedere nella costruzione del welfare relazionale. Un altro: il ridisegno di servizi pubblici innovativi attraverso la sussidiarietà circolare (che alleggerisce lo Stato non dell’operatività ma persino dell’individuazione di bisogni e della co-progettazione delle soluzioni). Questi contenuti producono nella loro logica un’idea di società libera, equa e solidale.
E di questa visione abbiamo dannatamente bisogno. È indispensabile che ci sia una coerenza leggibile ed evidente se si vuole scrivere un piano di rilancio che stia in piedi, abbia consenso e sia realizzabile e realizzato.
Il piano sarà più forte solo se generativo, moltiplicatore, abilitante. Come dicono gli startupper: deve scalare.
La suggestione, proposta da Carnevale Maffè (vd. articolo), di accoppiare le risorse del Piano con quelle del privato è solo la precondizione indispensabile per immaginare un’economia aperta dove le nuove generazioni trovino quegli spazi di espressione delle proprie energie che in questo momento i nostri giovani trovano solo fuori dai confini. Perché là sì e da noi no? Libertà è questo: togliere i lacci che, fin dalla scuola, comprimono le energie senza la capacità nemmeno di canalizzarle e razionalizzarle. Che senso ha una laurea se non è abilitante? A cosa serve un tempo di formazione se non incrocia la pratica con lo sviluppo delle competenze?
Il Piano del Next Generation EU è, in quest’ottica, solo il primo capitolo impegnativo di un’Agenda per l’Italia Europea 2030 che dobbiamo scrivere nella nostra area che va da +Europa ad Azione, passando per Base, Officine Italia, Copernicani e quanti altri… tanti altri che condividono l’impostazione di partenza.
Le pagine del Piano, che devono affrontare e risolvere i temi delle riforme chiave e delle azioni necessarie per rispondere all’impulso dell’Europa, sono il campo per costruire in nuce un’idea condivisa tra soggetti politici, associazioni, organizzazioni e personalità che possono condividere un programma comune per le presenti e future generazioni ma pronto anche per le prossime elezioni.
L’ideologia ne sarà solo l’astrazione, la spremitura, la foto d’insieme, la mappa concettuale ex post.
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